mercoledì 2 dicembre 2020

WAT PHRATHAT PHA SORN KEAW - un tempio di straordinaria bellezza - a temple of extraordinary beauty


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 ...come prima meta, dopo questo lungo periodo di fermo forzato, ho scelto un tempio la cui immagine è abbastanza diffusa e conosciuta, mentre il luogo rimane non frequentato dai turisti stranieri e relativamente poco anche dai thai. 

Il Wat Prhathat Pha Sorn Keaw sorge in cima ad un colle, a 840 metri sul livello del mare, in mezzo alle montagne nei pressi dell'abitato di Khaem Som, lungo la strada che collega Phitsanulok a Petchabun. La zona viene anche chiamata "la Svizzera della Thailandia" proprio per il paesaggio montano e, tra l'altro, proprio nei pressi del tempio potrete mangiare in un'autentica baita svizzera.  La zona negli anni ha visto proliferare l'offerta alberghiera ma per qualche strano motivo è praticamente assente un servizio di trasporto pubblico e quasi inesistente quello privato. Ma cominciamo dall'inizio. Da Chiang Mai per raggiungere il luogo più prossimo al tempio il mezzo migliore è l'autobus e la tratta è Chiang Mai - Lom Sak. Su indicazione del personale dell'albergo dove ho prenotato abbiamo chiesto di scendere al Hue Pai Market e comunque il personale del bus non riusciva a capire e ho mostrato loro la foto del tempio. Di fatto non si tratta di una fermata, ma di un favore che vi fanno, risparmiandovi il dover trovare poi un transfer da Lom Sak a Khaem Som. Quest'ultimo è un centro abitato o meglio un gruppo di costruzioni lungo la strada che collega Phitsanulok a Petchabun. Il tempio è a circa due chilometri, ben visibile dalla strada, per vostra fortuna, perchè incredibilmente manca qualsiasi segnaletica che vi indichi la direzione per raggiungerlo. Per il resto, nel caso abbiate la fortuna di avere una camera con vista verso la montagna, l'atmosfera è davvero piacevole, l'aria molto fresca e pulita e vedere a distanza il tempio illuminato è davvero suggestivo. 


La mattina abbastanza presto ci siamo rivolti alla reception per avere indicazioni per raggiungere il tempio. La giovane incaricata non parla inglese e si destreggia con Google translator per comunicarci che l'unica modalità è noleggiare una moto o un'auto. Chiediamo quanto costa affittare un'auto con autista e dopo varie telefonate ci informa che la richiesta è di 500 bhat solo andata. La cifra ci sembra davvero esagerata per meno di due chilometri, tanto che decidiamo di avviarci a piedi. Mentre camminiamo veniamo superati da diversi Song-Teaw, i classici furgoni scoperti con il retro adibito al trasporto passeggeri, proviamo a fermarli e al terzo tentativo riusciamo a farci caricare. All'arrivo l'autista rifiuta di essere pagato, sorridendo, non posso fare a meno di sfoggiare il mio thai per benedirlo. 


Il wat phrathat pha sorn keaw è un monastero e centro di meditazione di recente costruzione, la fondazione è del 2004. Nonostante abbia fatto diverse ricerche non sono riuscita a risalire al nominativo dell'autore del visionario progetto. Come ogni tempio thailandese anche questo è composto da vari edifici e strutture con diverse finalità. Il più spettacolare è formato dalla scultura raffigurante i cinque buddha seduti, nella posizione della meditazione, in fila dal più piccolo al più grande. Lungo le scalinate di accesso sono posizionate delle sculture in metallo, che formano cerchi concentrici, dove sono collocate delle sfere di acciaio, una rappresentazione forse dell'universo o comunque con un richiamo al cosmo. 


La pavimentazione della terrazza antistante presenta vari mosaici, purtroppo la presenza di molti devoti non consente una visione completa del disegno.


La base di questa incredibile opera è su due piani e contiene due sale per la preghiera. Una delle quali contiene un inusuale, ma direi che qui nulla è usuale, buddha sdraiato con elementi decorativi in rosa. 


Divisa da una stretta strada è collocata una pagoda la cui forma è ispirata al fiore di loto, che si sviluppa su sette livelli.


E mentre le statue vanno viste a distanza per avere la percezione della loro dimensione e maestosità, la pagoda va goduta nel dettaglio con uno sguardo ravvicinato. 








L'intera struttura e la pavimentazione esterna sono ricoperte da cinque milioni di tessere da mosaico. 


















Le pareti esterne sono decorate con migliaia di pezzi di servizi di porcellana, tazzine, ciotole, coperchi, piatti...con effetti colorati caleidoscopici, che a molti ricordano lo stile dello spagnolo Gaudì.














Salire i vari livelli della pagoda consente anche di avere dei punti di osservazione particolari sulle altre attrazioni del sito e in particolare, ovviamente, sulle statue del buddha.










Trattandosi di un monastero non possono mancare gli alloggi per i monaci e ancora una volta si rimane colpiti dall'architettura del tutto originale. Abitualmente nei monasteri thai gli alloggi dei monaci sono piccole strutture in legno, bungalow essenziali per consentire uno spazio privato ed austero che favorisca il riposo, lo studio, la meditazione. Qui la struttura ricorda un condominio, con uno stile forse più da nord Europa che non da sud est asiatico.


La spettacolarità di questo tempio è in realtà assolutamente connessa alla bellezza del panorama circostante, non a caso gli edifici principali sono dotati di terrazze che invitano alla contemplazione mentre lo sguardo si perde nelle varie sfumature di verde delle montagne e l'azzurro davvero carico del cielo nell'inverno thailandese. 




Il timore è che con il passare del tempo una maggiore presenza turistica possa determinare la fioritura di ulteriori strutture turistiche e non, finendo con la deturpazione del paesaggio.

In questo senso è affascinante e, allo stesso tempo, inquietante vedere il progetto in via di realizzazione di un gigantesco buddha sdraiato lungo più di cento metri e adagiato sopra un edificio a più piani.



Nelle immediate vicinanze del tempio sono sorti vari ristoranti, noi ci siamo fermati in un bar bistrò, Piney, molto simile ad una baita svizzera, con una terrazza affacciata sul panorama davvero suggestivo.



Indicazioni utili: da Chiang Mai è possibile raggiungere Khaem Son in autobus con la compagnia Phet Prasert il loro sito è tutto in thailandese ma potete trovare il QR code per la chat su Line e avere assistenza in lingua inglese. Nel nostro caso è stata utilissima per avere indicazioni per il rientro a Chiang Mai. Per la prenotazione dei biglietti consiglio di utilizzare il sito 12go.asia . 

All'andata come ho già scritto potete chiedere di scendere nella zona più vicina al tempio, ma al ritorno non è previsto un analogo servizio di pick-up e dovrete raggiungere Lom Sak. Per questo transfer consiglio di rivolgervi al negozio vicino al 7-eleven, che vende attrezzature da campeggio con camouflage paramilitare e gestisce anche un baracchino di street-food. Abbiamo ottenuto un passaggio fino a Lom Sak per 350 bhat. Ma sarà necessario poter comunicare in thai in quanto la titolare non parla inglese. A questo proposito è sicuramente frustrante non riuscire a trovare personale in grado di comunicare in lingua inglese, ma considerando che nei due giorni trascorsi in zona non abbiamo visto altri farang è comprensibile come ancora non venga avvertita l'esigenza di avere personale più qualificato.

Qui potete trovare le oltre 300 foto che ho scattato in occasione di questo viaggio:

[ENGLISH VERSION]

...as my first destination, after this long period of forced rest, I have chosen a temple whose image is quite widespread and well known, while the place remains not frequented by foreign tourists and relatively little even by Thai people. 

The Wat Prhathat Pha Sorn Keaw rises on top of a hill, 840 metres above sea level, in the middle of the mountains near the village of Khaem Som, along the road that connects Phitsanulok to Petchabun. The area is also called "the Switzerland of Thailand" because of the mountain landscape and, among other things, right near the temple you can eat in an authentic Swiss chalet.  The area has seen a proliferation of hotels over the years, but for some strange reason there is practically no public transport service and almost no private one. But let's start at the beginning.  From Chiang Mai to the nearest place to the temple the best means of transport is by bus and the route is Chiang Mai - Lom Sak. On the indication of the staff of the hotel where I booked we asked to get off at the Hue Pai Market and anyway the bus staff couldn't understand and I showed them the photo of the temple.In fact it is not a stop, but a favour they do you, saving you the trouble of having to find a transfer from Lom Sak to Khaem Som.  The latter is an inhabited centre or rather a group of buildings along the road from Phitsanulok to Petchabun. The temple is about two kilometres away, well visible from the road, fortunately for you, because incredibly it lacks any sign to show you the direction to reach it. For the rest, in case you are lucky enough to have a room with a view towards the mountain, the atmosphere is really pleasant, the air is very fresh and clean and seeing the illuminated temple from a distance is really suggestive. 

Early in the morning we turned to the front desk for directions to the temple. The young lady in charge does not speak English and juggles with Google translator to tell us that the only way is to rent a motorbike or a car. We ask how much it costs to rent a car with driver and after several phone calls she informs us that the request is 500 bhat one way. The cost seems to us really exaggerated for less than two kilometres, so much so that we decide to go on foot. As we walk we are overtaken by several Song-Teaw, the classic open van with the back used for passenger transport, we try to stop them and on the third attempt we manage to get loaded. On arrival the driver refuses to get paid, smiling, I can't avoid showing off my Thai to bless him. 

The wat phrathat pha sorn keaw is a newly built monastery and meditation centre, founded in 2004. Although I have made several researches I have not been able to trace the name of the author of the visionary project. Like every Thai temple, this one is composed of various buildings and structures with different purposes. The most spectacular one is formed by the sculpture representing the five Buddhas seated, in the meditation position, in a row from the smallest to the largest. Along the access stairs there are metal sculptures, which form concentric circles, where steel spheres are placed, perhaps a representation of the universe or in any case with a reference to the cosmos. 


The pavement of the terrace in front of it has various mosaics, unfortunately the presence of many devotees does not allow a complete view of the design.

The base of this incredible work is on two floors and contains two prayer halls. One of them contains an unusual, but I would say that nothing is usual here, Buddha lying with decorative elements in pink. 

Divided by a narrow street is a pagoda whose shape is inspired by the lotus flower, which develops on seven levels.

And while the statues have to be seen from a distance to get the perception of their size and majesty, the pagoda has to be enjoyed in detail with a close look. 

The entire structure and the outdoor pavement are covered with five million mosaic tiles. 

The external walls are decorated with thousands of pieces of porcelain services, cups, bowls, lids, plates... with kaleidoscopic coloured effects, which remind many of the style of the Spanish Gaudi.

Going up the various levels of the pagoda also allows you to have particular observation points on the other attractions of the site and in particular, of course, on the Buddha statues.

Since it is a monastery, there is no shortage of accommodation for the monks and once again one is struck by the completely original architecture. Usually in Thai monasteries the monks' lodgings are small wooden structures, essential bungalows to allow a private and austere space that facilitates rest, study and meditation. Here the structure is reminiscent of a condominium, with a style perhaps more from northern Europe than from south-east Asia.

The spectacularity of this temple is actually absolutely connected to the beauty of the surrounding landscape, it is no coincidence that the main buildings are equipped with terraces that invite contemplation while the gaze is lost in the various shades of green of the mountains and the blue really charged sky in the Thai winter. 

The fear is that with the passing of time a greater tourist presence may determine the flowering of further tourist facilities and not, ending with the disfigurement of the landscape.

In this sense it is fascinating and, at the same time, disturbing to see the project in progress of a gigantic Buddha lying more than one hundred metres long on top of a multi-storey building.

In the immediate vicinity of the temple several restaurants have sprung up, we stopped in a bistro bar, Piney, very similar to a Swiss chalet, with a terrace overlooking the really suggestive panorama.

Useful indications: from Chiang Mai it is possible to reach Khaem Son by bus with Phet Prasert company their website is all in Thai but you can find the QR code for chat on Line and have assistance in English. In our case it was very useful to get directions back to Chiang Mai. For ticket reservation I suggest to use 12go.asia

On the outward journey, as I have already written, you can ask to get off in the area closest to the temple, but on the return journey there is no similar pick-up service and you will have to reach Lom Sak. For this transfer I suggest you go to the shop near the 7-eleven, which sells camping equipment with paramilitary camouflage and also runs a street-food shop. We got a transfer to Lom Sak for 350 bhat. But you will need to be able to communicate in Thai as the owner does not speak English. In this regard it is certainly frustrating not being able to find staff able to communicate in English, but considering that in the two days spent in the area we have not seen other farang it is understandable how the need for more qualified staff is not yet felt.

Here you can find the over 300 photos I took on this trip:











giovedì 24 settembre 2020

TRA SOGNI ESOTICI E REALTA' - BETWEEN EXOTIC DREAMS AND REALITY

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Nell'immaginario onirico di molte persone credo sia presente il topos di trascorrere un periodo in un paese esotico, nell'ozio assoluto, mentre graziose figure si prendono cura del vostro corpo, lavandolo e profumandolo, per poi offrivi gradite pietanze mentre si è languidamente sdraiate e seminude... Ecco questo è quel che è accaduto  a me per quindici giorni, ma non inviadetemi: ero in ospedale, quindici giorni senza poter scendere dal letto, nel frattempo tre interventi per via di una ustione di secondo grado profonda al piede destro. 



Ormai sono alla fine di questo percorso di guarigione fisica ma inevitabilmente le lunghe ore trascorse tra flebo e medicazioni hanno provocato un intenso lavoro di introspezione per trovare le risorse che mi consentissero di sopravvivere alla morte per noia. Un aiuto ovviamente è arrivato dal poter tenere i contatti tramite i diversi social, la condivisione delle stories su Instagram, i post su Facebook, ecc... E non posso negare che sentire così tante persone che in qualche modo sono state partecipi delle mie avventure è stato motivo di consolazione nei momenti più difficili. Le chiamate da Miami, dall'Italia, dalla Spagna e le chattate fino a tarda notte sono state di grande aiuto, come ovviamente le visite degli amici e colleghi, per non dire poi di chi ha risposto alla mia richieste di affiancarmi nei momenti post-interventi. 

Nelle ore di solitudine ho sempre cercato di guardare avanti, senza dedicare troppo spazio al ricordo del momento dell'incidente. Tanto che l'unico sogno che ricordo di aver fatto è stato il momento in cui riprendevo il motorino con il piede ancora fasciato e, sorprendendomi di non sentire dolore, partivo per andare a fare la medicazione in ospedale...proiettata quindi a recuperare la normalità ma consapevole di dover ancora prendermi cura delle mie ferite!

Ho riflettuto anche sul fatto che tutto questo è accaduto proprio nel momento in cui avevo raggiunto una certa resistenza fisica e capacità di affrontare anche dei percorsi di trekking abbastanza impegnativi. Ora uno degli obiettivi ovviamente è ripartire a mettere un piede avanti all'altro e raggiungere le prossime mete, prima fra tutte il "tempio nascosto"...

Ormai sono sette anni che sono tornata a vivere in Thailandia, n questi anni non ho mai voluto cimentarmi in un ritiro vipassana nonostante ce ne siano di molto accessibili. Dopo questa esperienza mi ritengo esonerata e sono felice di aver conservato la sanità mentale. 


[ENGLISH VERSION]

In the dreamlike imagination of many people I think there is the topos of spending a period of time in an exotic country, in absolute idleness, while pretty figures take care of your body, washing it and perfuming it, and then offering you pleasant food while you are languidly lying half-naked... This is what happened to me for fifteen days, but don't envy me: I was in hospital, fifteen days without being able to get out of bed, in the meantime three operations because of a second degree burn deep in my right foot. 

By now I am at the end of this physical healing process, but inevitably the long hours spent between phlebo and dressings have caused an intense work of introspection to find the resources that would allow me to survive death out of boredom. Obviously, help came from being able to keep in touch through different social networks, sharing stories on Instagram, Facebook posts, etc... And I cannot deny that hearing so many people who have somehow been part of my adventures has been a source of consolation in the most difficult moments. The calls from Miami, Italy and Spain and the late-night chats were of great help, as were the visits from friends and colleagues, not to mention those who responded to my request to join me in the post-intervention moments. 

During the hours of solitude I always tried to look ahead, without dedicating too much space to the memory of the moment of the accident. So much so that the only dream I remember having had was the moment when I was taking my moped back with my foot still bandaged and, surprised not to feel any pain, I left to go and do the dressing in the hospital...projected to recover normality but aware that I still had to take care of my wounds!

I also reflected on the fact that all this happened at the very moment when I had reached a certain physical endurance and the ability to face quite demanding trekking routes. Now one of the objectives of course is to start again to put one foot in front of the other and reach the next destinations, first of all the "hidden temple"...

It's been seven years since I returned to live in Thailand, and in these years I have never wanted to try my hand at a vipassana retreat, even though there are some very accessible ones. After this experience I consider myself exonerated and I am happy to have kept my mental health. 

giovedì 23 luglio 2020

SI QUEY - CANNIBALE E CAPRO ESPIATORIO - SI QUEY - CANNIBAL AND SCAPEGOAT


 
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E' il 1958, Somboon ha otto anni e vive nella provincia di Rayong. Un giorno si allontana da casa per andare a comprare frutta e verdura. Non vedendolo rientrare il padre e alcuni parenti cominciano a cercarlo, si recano ovviamente subito presso l'orto di Si Quey dove il bambino avrebbe dovuto fare i suoi acquisti. L'uomo, un cinese della provincia di Guangdong, nella Cina meridionale, parla poco il thai ma fa capire di non avere idea di dove sia Somboon e mentre parla si appresta a bruciare dei tronchi e delle foglie secche. Ad un tratto il padre del bambino riconosce nel falò una piccola gamba! Ovviamente Si Quey viene fermato e i resti del bambino recuperati ma sono privi di alcuni organi: cuore, reni e fegato. 
Si procede quindi ad interrogare il reo confesso con l'aiuto di un interprete. Si Quey rivela di aver mangiato gli organi del bambino. Poi secondo le fonti di polizia confesserà spontaneamente di aver già ucciso altri cinque bambini i cui corpi erano stati ritrovati senza gli organi. Il primo delitto risaliva al 1954 e gli altri si erano succeduti nell'arco di quattro anni, sempre in città diverse e anche distanti. Raccontò di aver imparato da un eremita che mangiare gli organi gli avrebbe permesso di ringiovanire e in generale avrebbe fatto bene alla sua salute. 

Il caso ovviamente finì con l'occupare le prime pagine dei giornali e suscitò una forte impressione nell'opinione pubblica. D'altra parte c'è da considerare che la Seconda Guerra Mondiale era terminata da poco e la diffidenza nei confronti dei cinesi era quanto mai vicina ad una aperta ostilità. La Thailandia era sotto la sfera di infuenza degli Stati Uniti soprattutto come baluardo unico nella penisola indocinese di resistenza contro la diffusione del comunismo. Insomma anche se i thailandesi non erano condizonati dalla Chiesa Cattolica o dalla Democrazia Cristiana avevano comunque metabolizzato l'idea dei comunisti che mangiano i bambini e Si Quey si assunse il ruolo di rendere concreta tale leggenda.

Il processo fu molto rapido e ovviamante la condanna fu la pena capitale. Si Quey venne fucilato nel settembre del 1959, aveva 32 anni. Ma la sua storia non finisce con la sua morte. Per motivi scientifici il suo corpo venne imbalsamato e successivamente esposto in una teca nel museo forense del Siriraj Hospital di Bangkok, costituendone una delle atrazioni principali. 
Nello stesso tempo la sua sinistra fama crebbe a tal punto da diventare l'equivalente del nostro "uomo nero" invocato per far paura ai bambini, le mamme thailandesi usano il suo nome come deterrente per figli troppo vivaci. 

In tempi recenti è poi iniziata una campagna per restituire dignità a Si Quey, ritenendo l'esposizione del suo corpo una violazione dei diritti umani. La petizione ha ricevuto decine di migliaia di firme e alla fine la direzione del museo ha provveduto a sostituire la targhetta che lo indicava come "cannibale". Successivamente il movimento di opinione è tornato a chiedere il riconoscimento di ulteriori diritti per la salma del pluriomicida fino ad ottenere delle esequie e la cremazione secondo la tradizione buddista thailandese. 

Il rito funebre si è svolto oggi giovedì 23 luglio 2020, vi hanno partecipato molte guardie penitenziarie, rappresentanti del museo e alcuni civili che avevano conosciuto Si Quey in vita e che giurano sulla sua innocenza. Gli abitanti di Thap Sakae, in provincia di Prachuap Kiri Khan, luogo del primo omicidio, hanno chiesto di poter conservare le sue ceneri presso un tempio locale.

A distanza di 60 anni forse il suo nome non ha più un suono così sinistro e le mamme non potranno più usarlo avendo perso molto della sua spaventosa forza. 

Direi che il sistema legale ha fallito", dice la professoressa Wasana Wongsurawat, storica dell'Università Chulalongkorn di Bangkok. A Si Quey è stato negato il giusto processo".
In molti, o forse in tutti gli omicidi che gli sono stati imputati, aggiunge la storica, l'immigrato cinese è stato probabilmente un comodo capro espiatorio per i crimini commessi da altri.
La Thailandia, fedele alleata degli Stati Uniti, all'epoca era in preda all'isteria anticomunista, e il regime militare duro del Paese considerava gli immigrati provenienti dalla Cina come possibili rivoluzionari clandestini che cercavano di promuovere il maoismo. Accusati di crimini come l'incendio doloso, i sospetti furono spesso giustiziati sommariamente. 
"Si Quey ha subito un destino simile. Era [ritratto come] questo spaventoso comunista cinese con i denti marci", dice Wasana, un'autorità sulla storia del popolo cinese in Thailandia.
"I lavoratori migranti cinesi di allora erano molto simili ai lavoratori migranti del Myanmar e della Cambogia di oggi" - emarginati e a rischio di essere condannati con le prove più inconsistenti, dice. [South China Morning Post]
 

[ENGLISH VERSION]

 It's 1958, Somboon is eight years old and lives in Rayong Province. One day he leaves home to go buy fruits and vegetables. Not seeing him return, his father and some relatives start looking for him, and they go immediately to the orchard of Si Quey where the child should have been shopping. The man, a Chinese man from Guangdong province in southern China, speaks little Thai but makes it clear that he has no idea where Somboon is and while he is talking he is preparing to burn some trunks and dry leaves. Suddenly the child's father recognizes a small leg in the bonfire! Obviously Si Quey is stopped and the remains of the child are recovered but they are missing some organs: heart, kidneys and liver. 
The offender is then interrogated and confessed with the help of an interpreter. Si Quey reveals that he ate the child's organs. Then, according to police sources, he spontaneously confesses to having already killed five other children whose bodies had been found without organs. The first crime dates back to 1954 and the others had been committed over a period of four years, always in different and distant cities. He said he had learned from a hermit that eating the organs would enable him to rejuvenate and generally be good for his health. 

The case obviously ended up occupying the front pages of the newspapers and made a strong impression on public opinion. On the other hand, it must be considered that the Second World War had just ended and the distrust towards the Chinese was very close to open hostility. Thailand was under the influence of the United States mainly as the only bulwark in the Indo-Chinese peninsula of resistance against the spread of communism. In short, even if the Thai people were not conditioned by the Catholic Church or the Democrazia Cristiana, they had however metabolized the idea of the communists eating children and Si Quey took on the role of making this legend concrete.

The trial was very quick and the sentence was capital punishment. Si Quey was shot in September 1959, he was 32 years old. But his story does not end with his death. For scientific reasons his body was embalmed and then exhibited in a case in the forensic museum of the Siriraj Hospital in Bangkok, which is one of the main attractions. 
At the same time his sinister fame grew to such an extent that he became the equivalent of our "black man" invoked to frighten children, Thai mothers use his name as a deterrent for children who are too lively. 

In recent times, a campaign to restore dignity to Si Quey has begun, considering the exposure of his body a violation of human rights. The petition received tens of thousands of signatures and in the end the museum management replaced the plaque indicating him as a 'cannibal'. Subsequently, the opinion movement came back to demand further rights for the body of the multiple murderer until a funeral and cremation according to Thai Buddhist tradition. 

The funeral rite took place today Thursday, July 23, 2020, with the participation of many prison guards, representatives of the museum and some civilians who had known Si Quey while he was alive and who swore his innocence. The inhabitants of Thap Sakae, in the province of Prachuap Kiri Khan, the site of the first murder, asked to be allowed to keep his ashes at a local temple.

After 60 years, his name may no longer sound so sinister and mothers will no longer be able to use it, having lost much of its frightening power. 

I would say that the legal system has failed, says Professor Wasana Wongsurawat, historian at Chulalongkorn University in Bangkok. Si Quey has been denied a fair trial.
In many, or perhaps in all the murders he has been accused of, the historian adds, the Chinese immigrant was probably a convenient scapegoat for the crimes committed by others.
Thailand, a loyal ally of the United States, was in the grip of anti-communist hysteria at the time, and the country's harsh military regime regarded immigrants from China as possible illegal revolutionaries trying to promote Maoism. Accused of crimes such as arson, suspects were often summarily executed. 
"Si Quey suffered a similar fate. He was [portrayed as] this frightening Chinese communist with rotten teeth," says Wasana, an authority on the history of the Chinese people in Thailand.
"Chinese migrant workers at the time were very similar to migrant workers in Myanmar and Cambodia today" - marginalized and at risk of being convicted with the most flimsy evidence, she says. [South China Morning Post]

 

martedì 21 luglio 2020

UN TEMPIO NASCOSTO, UNA LUNGA MARCIA, BUFALI E PERSONE - A HIDDEN TEMPLE, A LONG MARCH, BUFFALOES AND PEOPLE



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...spesso si sente dire che il viaggio è ilvero scopo non importa quale sia la meta. Io credo sia vero solo in parte perchè un viaggio non potrà mai essere completo senza una meta. Queste riflessioni sono la diretta conseguenza della camminata di venerdì 17 luglio. Tutto inizia alcuni mesi fa, quando consultando Google map alla ricerca di templi nascosti e poco conosciuti ho scoperto l'esistenza di wat luang khun win. Feci un primo tentativo di capire il percorso da fare per poi scoprire che oltre a trattarsi di una strada sterrata oltrettutto gli ultimi 11 chilometri sono privi di wi-fi e connessione dati e il GPS sembra funzionare solo a tratti. Decisi quindi che non fosse il caso di provare da sola e di cercare dei compagni di avventura: Annalinda, Daniele e David si sono mostrati subito entusiasti. Poi tutti i programmi si sono arenati a causa del Covid-19 e dopo mesi finalmente la prima data utile per andare è risultata essere venerdì 17, una splendida giornata di sole!

Una volta lasciata canal road si apre lo spettacolo di verdissimi campi di riso con lo sfondo delle montagne e il cielo di un azzurro molto carico e qualche nuvola bianca. Quando poi diventa impossibile proseguire con i nostri motorini parcheggiamo vicino alle ultime case e iniziamo il nostro percorso. Dopo poco ci rendiamo conto non solo che il percorso non sarà semplice ma soprattutto che avremo sempre il disagio di non avere idea del "quanto manca", con le mappe che non si aggiornano e il puntino della tua posizione che rimane fisso. Ad un tratto incrociamo un signore del posto a cui chiediamo se sia la strada giusta per arrivare al tempio e per fortuna lo era, poi chiediamo quanti chilometri sono fino al tempio e la risposta è sei chilometri... Proseguiamo mentre i tratti in salita sono ormai senza soluzione di continuità. In realtà molta parte del percorso è all'interno di canaloni solcati profondamente dallo scorrere dell'acqua piovana.

Siamo consapevoli che se arrivasse il monsone dovremo salire sui bordi e possibilmente fermarci in mezzo alla foresta. David incorre anche in un piccolo inconveniente un pizzico di vespa su un dito, ma stoicamente decide di proseguire. All'inizio si alternano brevi tratti pianeggianti, in più punti superiamo piccoli corsi d'acqua.


Poi in pratica sono solo salite. Ad un tratto decido di non proseguire, spaventata soprattutto di dover affrontare la strada in discesa al ritorno. I miei compagni proseguono ma non dovrò attendere molto per sentire le loro voci e vederli tornare. Infatti poco oltre hanno trovato la strada sbarrata da sei bufali, liberi e hanno preferito non avvicinarsi. 


Sulla via del ritorno ad un tratto siamo stati sorpresi dal rumore di motore di auto, quello tipico di alto numero di giri e ruote che non fanno presa. Dopo poco in una piccola radura incontriamo un piccolo gruppo di thai arrivati fin lì con due fuori strada pick-up. Dopo pochi secondi di imbarazzati cenni di saluto, uno di loro si rivolge a chi è ancora sul cassone e gli urla "water, water!!!" e il tipo da una cassa termica di quelle piene di ghiaccio tira fuori una lattina di birra e una bottiglietta d'acqua ghiacciate per ognuno di noi. Ovviamente siamo piacevolmente sorpresi e molto grati per questo regalo inaspettato. Scambiamo qualche parola e veniamo così a sapere che poi proseguiranno fino al tempio e da lì dove siamo impiegheranno ancora mezz'ora in auto. Mentre parliamo scaricano fornelli e griglie per prepararsi ad un classico pic-nic thai style. Noi dopo una breve sosta proseguiamo il cammino.
Quasi al termine incrociamo una giovane donna che dal campo dove sta lavorando si avvicina alla strada per salutarci e ci chiede incuriosita dove stiamo andando. Così le spieghiamo che avremmo voluto raggiungere il tempio ma che poi abbiamo rinunciato. Lei in inglese ci dice che in questa stagione nessuno utilizza quel percorso anche perchè è pericoloso...e ci consiglia di provare passando da Mae Win... Quindi l'appuntamento con il tempio nascosto è solo rimandato.

Nonostante abbiamo mancato l'obiettivo finale in realtà siamo tutti soddisfatti, personalmente anche perchè non avrei mai pensato qualche anno fa di poter reggere un percorso così duro e, a parte il mal di piedi, senza avere dolori muscolari dopo 15 chilometri di cammino. Poi abbiamo avuto modo di vedere paesaggi molto belli e camminare nella foresta è davvero affascinante. Quindi è vero che è il viaggio stesso a dare soddisfazione ma mai come in questo caso vale la pena raggiungere la meta: il tempio nascosto...

[ENGLISH VERSION]

... often it is said that the journey is the true goal no matter what the destination. I think that's only partly true because a journey can never be complete without a destination. These reflections are a direct consequence of the walk on Friday, July 17th. It all began a few months ago, when I was searching Google maps for hidden and little known temples and discovered the existence of wat luang khun win. I made a first attempt to understand the route to be taken and then I discovered that besides being a dirt road, the last 11 kilometers are without wi-fi and data connection and GPS seems to work only at times. So I decided that it was not the case to try it alone and look for companions: Annalinda, Daniele and David were immediately enthusiastic. Then all the programs got stuck because of the Covid-19 and after months finally the first useful date to go was Friday 17th, a wonderful sunny day!

Once left the canal road the show of green rice fields with the background of the mountains and the sky of a very deep blue and some white clouds opened. When it becomes impossible to continue with our scooters we park near the last houses and start our walk. After a while we realize not only that the route will not be easy but above all that we will always have the discomfort of not having any idea of "how much is missing", with the maps that do not update and the dot of your position that remains fixed. Suddenly we meet a local guy who we ask if this is the right way to get to the temple and luckily it was, then we ask how many kilometers are up to the temple and the answer is six kilometers ... We continue as the uphill stretches are now seamless. In reality much of the route is inside gullies deeply furrowed by the flow of rainwater. We are aware that if the monsoon arrives we will have to climb the edges and possibly stop in the middle of the forest. David also runs into a little inconvenience with a pinch of wasp on one finger, but stoically he decides to continue. At the beginning we alternate short flat stretches, in several points we pass small streams. Then in practice they are only uphill. Suddenly I decide not to continue, scared above all of having to face the downhill road on the way back. My companions continue but I don't have to wait long to hear their voices and see them come back. In fact, just beyond they found the road blocked by six buffaloes, free and they preferred not to approach. 

On the way back all of a sudden we were surprised by the noise of a car engine, the typical one of high rpm and wheels that do not grip. After a little while in a small clearing we meet a small group of Thai people arrived there with two off-road pick-ups. After a few seconds of embarrassed greetings, one of them turns to those still on the truck and yells " water, water!!!" and the guy from a thermal box of those full of ice pulls out a can of beer and a small bottle of ice water for each of us. Of course we are pleasantly surprised and very grateful for this unexpected gift. We exchange a few words and then we learn that they will continue to the temple and from there it will take another half hour by car. As we speak they are unloading stoves and grills to get ready for a classic Thai picnic style. After a short stop we continue on our way. Almost at the end we meet a young woman who from the field where she is working approaches the road to greet us and asks us curious where we are going. So we explain to her that we wanted to reach the temple but then we gave up. She tells us in English that in this season no one uses that route because it's dangerous...and she advises us to try going through Mae Win.... So the appointment with the hidden temple is just postponed.

Even though we missed the final goal we are all satisfied, personally because I never thought a few years ago I could hold such a hard course and, apart from the footache, without having muscle aches after 15 kilometers of walking. Then we had the chance to see very beautiful landscapes and walking in the forest is really fascinating. So it's true that it's the journey itself that gives satisfaction but never as in this case is it worth reaching the destination: the hidden temple...

giovedì 25 giugno 2020

LA FINE DI UN'ERA: CHIUDE LA SCALA DI BANGKOK - THE END OF AN ERA: THE BANGKOK'S SCALA CLOSES

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Il post di oggi è dedicato ad un luogo dove non sono mai stata, che ho solo visto dall'esterno, ma del quale conoscevo il ruolo come punto di riferimento per gli amanti del cinema. Si tratta dell'ultimo cinema a sala unica della Thailandia: La Scala di Bangkok, inaugurato nel 1969 la cui denominazione era ovviamente ispirata al celebre teatro milanese. La Scala chiuderà definitivamente il 5 luglio. Sono rimasta molto colpita per la scelta dei film da proiettare nell'ultimo giorno di attività:
Due film e due documentari e i due film sono entrambi di autori italiani e mi sembra sia davvero simbolicamente struggente che l'ultima proiezione sia dedicata a (Nuovo) Cinema Paradiso di Tornatore. 

La Scala ha svolto un ruolo importante prima come cinema popolare con i suoi mille posti e poi ritagliandosi uno spazio per la proiezione di film retrò e di nicchia ma sempre a prezzi più bassi rispetto ai vari multisala dei centri commerciali.

Indubbiamente al suo fascino ha contribuito la sua particolare architettura ispirata all'art decò, enfatizzata nella hall dove delle eleganti colonne si uniscono in un soffitto a volte, notevoli anche le due rampe di scale che conducono al secondo piano sormontate da un gigantesco lampadario a cinque livelli di fattura italiana. 

La sua chiusura è dovuta a progetti che l'università Chulalongkorn, proprietaria del terreno dove sorge il cinema, sta realizzando. Dispiace davvero perdere un luogo storico che ha contribuito a far conoscere il cinema d'autore sia internazionale sia thailandese.

Lo storico del teatro Philip Jablon in una intervista al giornale Coconuts Bangkok ha affermato:

"La chiusura della Scala segnerà la fine di un impero cinematografico a conduzione familiare che un tempo dominava il settore delle rassegne cinematografiche in Thailandia. Il grande vecchio teatro è l'ultimo palazzo cinematografico del paese e probabilmente il miglior cinema rimasto nel sud-est asiatico. È davvero la fine di un'era"
[ENGLISH VERSION]


Today's post is dedicated to a place where I've never been, that I've only seen from the outside, but whose role I knew as a reference point for film lovers. This is the last cinema with a single theatres in Thailand: La Scala in Bangkok, inaugurated in 1969, whose name was obviously inspired by the famous Milanese theatre. La Scala will close definitively on 5 July. I was very impressed by the choice of films to be shown on the last day of activity:

 
Two films and two documentaries and the two films are both by Italian authors and I think it's really symbolically heartwarming that the last screening is dedicated to Cinema Paradiso by Tornatore. 

La Scala played an important role first as a popular cinema with its thousand seats and then carving out a space for the screening of retro and niche films but always at lower prices than the various multiplexes in the malls.

Undoubtedly a contribution to its charm has been made by its particular architecture inspired by art deco, emphasized in the lobby where elegant columns join in a vaulted ceiling, also noteworthy are the two flights of stairs leading to the second floor surmounted by a giant chandelier with five levels of Italian workmanship.

Its closure is due to projects that Chulalongkorn University, which owns the land where the cinema is located, is carrying out. It's a real shame to lose a historic place that has helped to raise awareness of both international and Thai auteur cinema.

Theatre historian Philip Jablon said in an interview with Coconuts Bangkok newspaper:
“[T]he closure of the Scala will mark the end of a family-run movie theater empire that once dominated the movie exhibition market in Thailand. The grand old theater is the country’s last operating movie palace and arguably the finest movie theater left in Southeast Asia. It’s truly the end of an era”.

mercoledì 17 giugno 2020

QUELLA BOTTIGLIA DI PROSECCO - THAT BOTTLE OF PROSECCO

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Vi ricordate il post sulla prima cosa che avrei fatto una volta finita la quarantena?
Ecco qui il video che testimonia l'apertura della famosa bottiglia prosecco rimasta nel mio frigo fin dal 18 marzo 2020, giorno del mio compleanno. Questo perchè stiamo tornando alla normalità e sabato scorso era l'ultimo giorno in cui era in vigore il coprifuoco. Ebbene si, è stato davvero uno dei migliori prosecchi possibili!!!

Remember the post about the first thing I was going to do once the quarantine was over?
Here is the video that witnesses the opening of the famous prosecco bottle left in my fridge since March 18, 2020, my birthday. This is because we are returning to normal and last Saturday was the last day the curfew was in effect. Well yes, it really was one of the best prosecco!!!!

martedì 2 giugno 2020

SAMOENG LOOP - MILLEMILA SFUMATURE DI VERDE E DI AZZURRO - THOUSAND THOUSAND SHADES OF GREEN AND BLUE



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Domenica 31 maggio era l'ultimo giorno di una promozione che prevedeva l'ingresso gratuito al Queen Sirikit Botanic Garden.
Così in tarda mattinata sono partita in direzione nord, la strada verso la Mae Sa valley attraversa Mae Rim ed è costellata da un notevole numero di attrazioni di diverso tipo, compreso Bungee Jumping, Tiro a Segno, Centri per le scimmie, zoo per gli insetti, uno dei più grandi centri per gli elefanti. Tutto questo non a caso, si trattava di un progetto di sviluppo turistico sponsorizzato dall'ex primo ministro Thaksin Shinawatra che dopo l'ampliamento dell'aereoporto di Chiang Mai voleva creare una sorta di polo di attrazione per turisti in cerca di emozioni alternative ai soliti parchi divertimenti o alle spiagge del sud.  
Il Queen Sirikit Botanic Garden è una delle ultime attrazioni, uno splendido giardino botanico che merita più di una visita anche perchè difficilmente riuscirete a visitarlo nella sua interezza in una volta sola. All'interno ci sono delle serre incredibili con qualsiasi tipo di piante tropicali e perfino una cascata d'acqua. 
Ieri il mio obiettivo era percorrere la canopy walking, un percorso sospeso ad una altezza di 20/25 metri per poter guardare gli alberi dalla parte della cima.
Arrivo intorno a mezzogiorno, superati i controlli, misurata la febbre e registrato il mio ingresso tramite il QR Code, raggiungo la canopy walking, ha una lunghezza di circa 500 metri, ne percorro una ventina scattando qualche foto e poi...si aprono le cataratte del monsone. L'attrazione viene chiusa e non si sa quando riaprirà. Impossibile pero' pensare di poter riprendere la strada di casa sotto tutta quell'acqua. Mi riparo di fianco allo stand dedicato alla vendita di piantine e per oltre un'ora posso solo osservare la pioggia e ascoltarne il suono. 
 Poi quando inizia a smettere, coperta con tre impermeabili soprattutto per proteggere la borsa con la macchina fotografica, riprendo il motorino e invece di tornare indietro per la stessa via decido di proseguire aventurandomi nel cosidetto loop di Samoeng. Una strada già bella di suo, in mezzo al verde della foresta, mi regala uno spettacolo d'eccezione. Il sole filtra tra gli alberi e raggi di luce illuminano il vapore che sale dall'asfalto, un'immagine di surreale bellezza impossibile da trattenere fotograficamente. Il paesaggio cambia e anche il clima. Quando arrivo al viewpoint di Samoeng è tempo di fermarsi, liberarsi degli impermeabili,  e ammirare lo straordinario paesaggio dei monti fino a perdita d'occhio illuminati dal sole nell'aria ancora bagnata. 

Da qui si riparte, presto si incontrano piccoli villaggi, case di legno, agricoltura di sostentamento, e il cuore si stringe pensando alle privazioni che i loro abitanti stanno vivendo in questi giorni. Poi la strada prosegue, in alto sulla destra vedo il chedi del wat Ban Pong ancora ingabbiato nell'impalcatura di bambù, interminabile costruzione... Ormai sono su Canal Road e da qui è tutta dritta fino a casa, le gambe e il bacino indolenziti dal lungo percorso in moto...ma ancora negli occhi la grande bellezza di millemila sfumature di verde e di azzurro.

ENGLISH VERSION

Yesterday was the last day of a promotion that included free admission to the Queen Sirikit Botanic Garden. So late in the morning I headed north, the road to the Mae Sa valley runs through Mae Rim and is dotted with a number of different attractions, including Bungee Jumping, Sign Shooting, Monkey Centers, Insect Zoo, one of the largest centers for elephants. All this was not by mere chance, it was a tourism development project sponsored by former Prime Minister Thaksin Shinawatra who, after the expansion of Chiang Mai airport, wanted to create a kind of attraction for tourists looking for alternative emotions to the usual amusement parks or beaches in the south.  
The Queen Sirikit Botanic Garden is one of the last attractions, a beautiful botanical garden that deserves more than a visit also because you will hardly be able to visit it in its entirety at once. Inside there are incredible greenhouses with all kinds of tropical plants and even a waterfall. Yesterday my goal was to go canopy walking, a path suspended at a height of 20/25 meters to look at the trees from the top. I arrive around noon, passed the controls, measured my fever and recorded my entrance through the QR Code, I reach the canopy walking- It has a length of about 500 meters, I walk about twenty taking some photos and then ... the monsoon cataracts open. The attraction is closed and you don't know when it will reopen. Impossible, however, to think that I can take the road home under all that water. I take shelter next to the stand dedicated to the sale of seedlings and for over an hour I can only watch the rain and listen to its sound. Then when it starts to stop, covered with three raincoats especially to protect the bag with the camera, I take back the moped and instead of going back the same way I decide to continue adventuring in the so called Samoeng loop. An already beautiful road of his in the middle of the green forest, gives me an exceptional show. The sun filters through the trees and rays of light illuminate the steam rising from the asphalt, an image of surreal beauty impossible to hold back photographically. The landscape changes and so does the climate. When I arrive at the viewpoint in Samoeng it is time to stop, get rid of the raincoats, and admire the extraordinary landscape of the mountains as far as the eye can see, illuminated by the sun in the still wet air.  From here you set off again, soon you will come across small villages, wooden houses, farming for sustenance, and your heart will be filled with the hardships that their inhabitants are experiencing these days. Then the road continues, at the top on the left I see the chedi of wat Ban Pong still caged in bamboo scaffolding, an endless construction... By now I'm on Canal Road and from here it's all straight to home, legs and pelvis sore from the long motorbike ride... but still in my eyes the great beauty of a thousand thousand shades of green and blue.

INCONTRARE UNA MEDIUM A CHIANG MAI - MEET A MEDIUM IN CHIANG MAI

[ ASCOLTA L'AUDIO SU SPOTIFY ] [SCROLL DOWN FOR ENGLISH] Chiang Mai è una città davvero affascinante, il tessuto urbano è costellato da ...