martedì 27 agosto 2019

HELL'S GARDEN - GIARDINO DELL'INFERNO - IL SADICO EROTISMO DELLE PENE INFERNALI - THE SADISTIC EROTICISM OF INFERNAL PUNISHMENTS



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Non finirò mai di stupirmi dello straordinario processo di ibridizzazione della religiosità thailandese, così intricato da non distinguere più i suoi elementi originari perchè inglobati e restituiti in forme e rituali altri. Dalla metà del secolo scorso si stanno diffondendo i templi con annesso giardino dell'inferno. Si tratta per lo più di spazi adiacenti ai templi che mostrano in modo didascalico, utilizzando gruppi statuari, le tremende conseguenze di comportamenti trasgressivi e lontani dal rigore buddista. L'antropologo Benedict Anderson ha dedicato un interessante saggio al tema,  "The Fate of Rural Hell: Asceticism and Desire in Buddhist Thailand", analizzandolo nei suoi aspetti più particolari. Questi giardini, sorta di piccoli parchi Disneyland dell'orrore, hanno tutti lo stesso schema e tipologia di rappresentazione. Con una forte insistenza sulla nudità dei soggetti e un gusto granguignolesco della messa in scena. Anderson lo definisce "anarchic, semi-sadistic eroticism", insistendo molto su questi aspetti. In effetti colpisce molto vedere in mostra tanta carne in un paese che per cultura ha orrore della nudità.
Personalmente ho visitato due di questi giardini uno nel 2006 e l'altro pochi giorni fa. Il primo è molto conosciuto in zona il Wat Phut Udom in località Lamsai, distretto di Lam luk ka, provincia di Pathumtani. Qui la rappresentazione infernale dall'esterno prosegue nel seminterrato del tempio e obbliga poi ad un percorso ai vari piani del tempio attraverso scale sempre più strette e ripide, a significare la difficoltà del percorso di vita virtuoso. L'ultimo piano è invece la rappresentazione del paradiso, dove tutto ha un'aurea di pace e serenità, e tutto il regno animale è rappresentato mentre rende omaggio a Buddha.

Pochi giorni fa sono stata in visita al Wat Si Don Chai Pa Tung Ngam (Wat Mae Kaet Noi), ad una ventina di chilometri a nord-est di Chiang Mai. 
La prima avvertenza, nel caso andiate a fare una visita, munitevi di un efficace repellente per le zanzare perchè saranno quella componente aggiuntiva di orrore che vi accompagnerà per tutta la visita. L'ingresso al giardino ha il costo di 10 bhat. Poi quasi tutti i gruppi scultorei sono in realtà delle macchine e inserendo 10 bhat in ognuna potrete vederle in movimento ma anche da ferme sono abbastanza spettacolari. Anche qui l'atmosfera è pervasa da quell'erotismo "perverso" di cui parla Anderson riferendosi al giardino infernale del Wat Phai Rong Wua da lui osservato per il suo saggio. 

Lo spazio del giardino del Wat Si Don Chai Pa Tung Ngam non è molto grande, ma i vari gruppi scultorei sono disposte in modo di costringervi ad un percorso tortuoso, popolato di anime tormentate e mostri giganteschi ipersessualizzati.
I tormenti dell'anima sono rappresentati dai corpi seviziati, smembrati, torturati dando sfogo al più sadico degli immaginari. Non mancano riferimenti all'universo fantasmatico e il marito che ritorna in barca mentre Mae Nak lo attende con il figlio in braccio è quasi la scena più rassicurante in tanto orrore.
Per il resto i comportamenti che  vengono indicati come motivo delle gravi pene a cui sono sottoposte queste anime sono la dipendenze da alcool, droga e gioco d'azzardo, comportamenti lussuriosi, il ricorso all'aborto, l'attaccamento al denaro, ecc... 

Interessante anche il gruppo scultoreo che riproduce l'esecuzione di una condanna a morte per fucilazione, probabilmente strizzando l'occhio alla notorietà del film "The last executioner" che racconta dell'ultimo boia incaricato delle fucilazioni. Oggi la pena capitale è eseguita tramite iniezione letale e probabilmente tale procedura non si presta esteticamente ad una rappresentazione che incuta timore.

La fine del percorso porta il visitatore verso gruppi di statue in  preghiera davanti al Buddha, in un ambientazione più serena ma sicuramente meno coinvolgente. 


ENGLISH VERSION
I will never cease to be amazed by the extraordinary process of hybridization of Thai religiosity, so intricate that it no longer distinguishes its original elements because they are incorporated and returned in other forms and rituals. Since the middle of the last century, temples with the attached garden of hell have been spreading. These are mostly spaces adjacent to the temples that show in a didactic way, using groups of statues, the tremendous consequences of transgressive behavior and far from Buddhist rigor. Anthropologist Benedict Anderson dedicated an interesting essay to the theme, "The Fate of Rural Hell: Asceticism and Desire in Buddhist Thailand", analyzing it in its most particular aspects. These gardens, sort of small Disneyland parks of horror, all have the same scheme and type of representation. With a strong insistence on the nakedness of the subjects and a granguignolesque taste for staging. Anderson calls it "anarchic, semi-sadistic eroticism", insisting on these aspects. In fact, it is very striking to see so much meat on display in a country that has a horror of nudity in its culture.

Personally, I visited two of these gardens, one in 2006 and the other a few days ago. The first is very well known in the area, the Wat Phut Udom in Lamsai, Lam luk ka district, Pathumtani province. Here the infernal representation from the outside continues in the basement of the temple and then forces a path to the various floors of the temple through increasingly narrow and steep stairs, to mean the difficulty of the virtuous life path. The top floor is instead the representation of paradise, where everything has an aura of peace and serenity, and the whole animal kingdom is represented as it pays homage to Buddha.

A few days ago I visited Wat Si Don Chai Pa Tung Ngam (Wat Mae Kaet Noi), about twenty kilometers northeast of Chiang Mai. 
The first warning, in case you go for a visit, you should be equipped with an effective repellent for mosquitoes because they will be that additional component of horror that will accompany you throughout the visit. The entrance to the garden costs 10 bhat. Then almost all the groups of sculptures are actually machines and inserting 10 bhats in each you can see them moving but even when they are stationary they are quite spectacular. Here, too, the atmosphere is pervaded by the "perverse" eroticism of which Anderson speaks in reference to the infernal garden of Wat Phai Rong Wua, which he observed for his essay. 

The space in the garden of Wat Si Don Chai Pa Tung Ngam is not very large, but the various sculptural groups are arranged in such a way as to force you into a tortuous path, populated by tormented souls and gigantic hypersexualized monsters.

The torments of the soul are represented by the tortured, dismembered and tortured bodies, giving vent to the most sadistic of imaginaries. There is no lack of references to the ghostly universe and the husband who returns by boat while Mae Nak awaits him with his son in his arms is almost the most reassuring scene in so much horror.

For the rest, the behaviors that are indicated as the reason for the serious penalties to which these souls are subjected are addiction to alcohol, drugs and gambling, lush behavior, the use of abortion, attachment to money, etc. .... 
Also interesting is the sculptural group that reproduces the execution of a death sentence by shooting, probably winking at the notoriety of the film "The last executioner" that narrates the last executioner in charge of the shootings. Today the death penalty is carried out by lethal injection and probably this procedure does not lend itself aesthetically to a representation that arouses fear.
The end of the journey takes the visitor to groups of statues praying in front of the Buddha, in a more serene but certainly less engaging setting. 

venerdì 23 agosto 2019

QUESTI FANTASMI - VITA QUOTIDIANA IN SIAM - CHIANG MAI - THESE GHOSTS - DAILY LIFE IN SIAM


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Il primo post dedicato ai fantasmi ha avuto un discreto successo. Torno quindi a raccontare altre storie su richiesta di alcune amiche. Questa volta focalizzando l'attenzione sulla città dove vivo, Chiang Mai. Ai suoi fantasmi contemporanei è dedicato un libro molto interessante "Ghosts of the new city - Spirits, urbanity and the ruins of progress in Chiang Mai" di Andrew Alan Jhonson, si tratta di un testo di etnografia sulla creazione di fantasmi come risultato della profonda crisi economica che nel 1997 colpì la Thailandia, creando una profonda ferita nello sviluppo di Chiang Mai. Non a caso la maggior parte dei luoghi che si ritengono infestati dai fantasmi sono quegli scheletri di cemento dei grandi condomini la cui costruzione non fu terminata a causa della crisi. Un aspetto interessante per me è che ora alcuni di questi edifici sono stati recuperati e portati a termine, immagino però non mancheranno prossimamente storie sui loro fantasmi che non si rassegneranno ad abbandonarli. Una caratteristica di questa generazione più giovane di fantasmi è che si tratta quasi sempre dei "morti male" ovvero di coloro che abbiano incontrato una brutta morte e i cui responsabili non siano stati perseguiti.

L'edificio più noto è sicuramente il Poi Luang Hotel, un magnifico 5 stelle, da 220 camere, l'ultimo piano caratterizzato dalla struttura circolare dalle grandi vetrate del ristorante girevole. Hotel che ha poi conosciuto un declino fino alla chiusura e la sua immensa ed inquietante mole in rovina fino ad oggi ha dominato la highway sottostante. Il 1 agosto di quest'anno sono iniziate le operazioni di demolizione in previsione della costruzione del secondo Ram Hospital della città. Il 25 luglio la proprietà ha fatto precedere l'inizio dei lavori da una cerimonia di benedizione e buon auspicio officiata da un gruppo di monaci locali.

Certamente i monaci avranno dovuto mettere in campo tutte le loro energie per garantire che tutti i fantasmi abbandonino questo sito. Sembra che diversi clienti paganti siano poi diventati residenti permanenti dell'hotel, avendo qui trovato la loro morte. Una volta decaduto e chiuso il palazzo venne venduto ad un consorzio medico che avviò dei lavori di ristrutturazione. Ma nel corso di un violento nubifragio una delle impalcature in bambù venne spazzata via e due operai morirono, aggiungendosi alla schiera delle anime residenti nell'edificio ormai in rovina. Poi con la crisi del 1997 il consorzio medico andò in fallimento e l'edificio rimase abbandonato divenendo rifugio di balordi. Tra questi ultimi a quanto si racconta si registrò anche un omicidio, allungando così la lista dei male morti all'interno dell'ormai ex hotel di lusso. 


Nel testo "Ghosts of the new city - Spirits, urbanity and the ruins of progress in Chiang Mai" di Andrew Alan Jhonson c'è un'immagine che trovo molto affascinante, scattata in quello che evidentemente era il garage dell'hotel in cui sono rimaste abbandonate delle vecchie auto. Insomma oltre ai fantasmi di essere umani anche auto fantasma vintage. Chiedo scusa per la pessima qualità dell'immagine ma è ripresa con il cellulare dalla pagina del libro.

Credits: Le informazioni prinicpali per questo post sono state prese dal già citato "Ghosts of the new city - Spirits, urbanity and the ruins of progress in Chiang Mai" di Andrew Alan Jhonson 
e da questo link: http://www.kendobson.asia/blog/haunted-chiang-mai

[ENGLISH VERSION]

The first post dedicated to ghosts was quite successful. So I'm going back to tell more stories at the request of some friends. This time focusing on the city where I live, Chiang Mai. A very interesting book "Ghosts of the new city - Spirits, urbanity and the ruins of progress in Chiang Mai" by Andrew Alan Jhonson is dedicated to his contemporary ghosts. It is an ethnographic text on the creation of ghosts as a result of the deep economic crisis that hit Thailand in 1997, creating a deep wound in the development of Chiang Mai. It is not a coincidence that most of the places that are believed to be infested by ghosts are those concrete skeletons of large condominiums whose construction was not completed because of the crisis. An interesting aspect for me is that now some of these buildings have been recovered and completed, but I guess there will soon be stories about their ghosts who will not resign themselves to abandon them. A characteristic of this younger generation of ghosts is that they are almost always the "bad deaths" or those who have met a bad death and whose offenders have not been prosecuted.
The most famous building is certainly the Poi Luang Hotel, a magnificent 5-star hotel with 220 rooms, the top floor characterized by the circular structure with large windows of the revolving restaurant. The hotel then experienced a decline until its closure and its immense and disturbing mass in ruins until today has dominated the highway below. On 1 August this year, demolition work began in order to build the city's second Ram Hospital. On 25 July the ownership preceded the start of work by a ceremony of blessing and good omen officiated by a group of local monks.

Certainly the monks will have had to put all their energy into ensuring that all the ghosts leave this site. It seems that several paying customers have since become permanent residents of the hotel, having found their death here. Once the building had fallen into disrepair and closed down, it was sold to a medical consortium that began renovation work. But during a violent storm one of the bamboo scaffoldings was swept away and two workers died, joining the ranks of souls living in the now ruined building. Then, with the 1997 crisis, the medical consortium went into bankruptcy and the building was abandoned and became a refuge for the fools. Among the latter, according to legend, there was also a murder, thus extending the list of evil deaths inside the now former luxury hotel.

In the text "Ghosts of the new city - Spirits, urbanity and the ruins of progress in Chiang Mai" by Andrew Alan Jhonson there is an image that I find very fascinating, taken in what was evidently the garage of the hotel where old cars were left abandoned. In short, in addition to the ghosts of being human, there are also vintage ghost cars. I apologize for the poor quality of the image but it is taken by mobile phone from the page of the book.

Credits: The main information for this post was taken from the already mentioned "Ghosts of the new city - Spirits, urbanity and the ruins of progress in Chiang Mai" by Andrew Alan Jhonson. and from this link: http://www.kendobson.asia/blog/haunted-chiang-mai

venerdì 16 agosto 2019

WAT DOI THAEN PHRA PHA LUANG - TEMPIO NELLA FORESTA


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I dintorni di Chiang Mai continuano ad offrire spunti per brevi gite, con il valore aggiunto di scoprire località e panorami splendidi. Ad una trentina di chilometri da casa mia esiste un tempio incastonato nella foresta, il wat doi thaen phra pha luang. L'ultimo tratto di strada è un'immersione nel verde assoluto, uno dei rarissimi luoghi dove non c'è segnale GPS e connessione internet. Ma davvero vi sentirete rigenerati nel respirare profondamente.


Il tempio ha un bel Buddha sdraiato posto alla base della collina e un particolare chedi ricoperto di tessere a specchio. Sembra che sia stato costruito più di 700 anni fa, prima ancora della fondazione della città di Chiang Mai. Il tempio al momento appare abbastanza trascurato anche se non manca un cantiere per la costruzione di qualche altra struttura.

Purtroppo non ho trovato molto materiale informativo ma sembra ci siano diverse leggende che riguardano questo tempio. Una attribuisce ad un demone guardiano la facoltà di consentire o meno all'ingresso di ltre creature spirituali. Un'altra leggenda sembra invece essere ancora viva e riguarda la protezione del tempio dagli incendi che ogni anno distruggono la foresta circostante,  Sembra sia protetto da un essere soprannaturale che impedisce venga attaccato dal fuoco, mentre altri attribuiscono questa protezione ad un tipo particolare di piante spontanee che circondano il tempio. 







Poco prima di arrivare al  wat doi thaen phra pha luang si trova il bacino d'acqua di Huai Cho, in cui le montagne circostani si riflettono moltiplicando le sfumature di verde. Sicuramente la foresta circostante sarà abitata da diversi animali selvatici, non essendomi adentrata ho potuto osservare soltanto un numero notevole di farfalle.

Link all'album di foto: Wat Doi Thaen Phra Pha Luang

[ENGLISH VERSION]

The immediate surroundings of Chiang Mai continue to offer opportunities for short trips, with the added value of discovering beautiful locations and views. About thirty kilometers from my house there is a temple set in the forest, the wat doi thaen phra pha luang. The last stretch of road is an immersion in absolute greenery, one of the very rare places where there is no GPS signal and internet connection. But you will really feel regenerated in breathing deeply. 
The temple has a beautiful lying Buddha at the base of the hill and a special chedi covered with mirror tiles. It seems that it was built more than 700 years ago, even before the founding of the city of Chiang Mai. The temple seems to be fairly neglected at the moment, although there is no lack of a construction site for the building of some other structure. 
Unfortunately I have not found much information material but it seems there are several legends about this temple. One attributes to a guardian demon the faculty to allow or not the entrance of other spiritual creatures. Another legend seems to be still alive and concerns the protection of the temple from the fires that destroy the surrounding forest every year. It seems to be protected by a supernatural being that prevents it from being attacked by fire, while others attribute this protection to a particular type of spontaneous plants that surround the temple. 
Just before arriving at the wat doi thaen phra pha luang there is a water basin of Huai Cho, in which the circumstantial mountains are reflected multiplying the shades of green. Surely the surrounding forest will be inhabited by several wild animals, not having entered I could only observe a considerable number of butterflies.

mercoledì 14 agosto 2019

VENGA A PRENDERE UN CAFFÈ A CHIANG MAI - COME FOR A COFFEE TO CHIANG MAI


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Come si riconosce il bagaglio di un emigrante o expat italiano? Sicuramente in una sua valigia hanno trovato posto una moka e qualche pacco di caffè. A volte anche i turisti lo fanno. 
Nella mia prima vita thailandese era un grande cruccio quello di non riuscire ad avere un espresso decente.

Poi sono tornata qui sei anni fa e scopro che, a Chiang Mai, i caffè sono l'unica attività commerciale a maggior densità demografica dei 7-Eleven. Ma soprattutto che si è diffuso una sorta di culto e facilmente ci si imbatte in scritte tipo: "tutto ha un senso solo dopo la prima tazzina di caffè"; "che vita sarebbe senza caffè..." Le macchine per l'espresso sono ovunque, certo a volte ci si imbatte in qualche utilizzo non proprio all'italiana, ma questo credo dipenda più per il tipo di clientela che da una mancanza di abilità." 
Ma possiamo dire che non mancano i posti dove bere un ottimo espresso. Mi ritengo poi molto fortunata perchè praticamente nel compund del condominio dove abito è collocato un minuscolo bar che si chiama Tiramisù e qui l'espresso è sicuramente tra i più buoni della città, per non dire poi del Tiramisù che è praticamente identico a quello di mia madre... 

Il proprietario è un vero cultore del caffè e alla vostra richiesta di un espresso, replicherà chiedendo quale miscela vogliate: thai, brazil, kenya, ethiopia, ecc... non sempre le stesse però.

Ma a cosa si deve tutto questo amore di Chiang Mai per il caffè? Perchè in realtà si tratta di una storia di amore e passione recente, che ha avuto anche i suoi momenti critici ma ora sembra più che consolidata. Tutto nasce negli anni '70, quando ancora tutti i territori intorno a Chiang Mai erano coltivati a papavero da oppio. Nel 1969 per la prima volta un re thailandese raggiunse uno dei villaggi tribali del nord. Re Bhumibol fu molto colpito dalla povertà dei locali e immediatamente finanziò l'istituzione di un centro di ricerca agricola, creando il primo nucleo di quello che oggi è il "Royal Project". Testimoni raccontano che i campi di papavero fossero a perdita d'occhio e che lo Stato con le sue istituzioni fosse completamente assente. Mancavano proprio uffici governativi e stazioni di polizia. Il Gen. Chavalit iniziò ad operare in zona nel 1971 come segretario dell'Office of the Narcotics Control Board e racconta che fino ad allora non aveva mai visto oppio o eroina: "Era una curva di apprendimento molto ripida. Ricordo che a un certo punto gli Stati Uniti volevano che rilasciassimo l'agente Orange in tutta la regione per uccidere le piantagioni di oppio, ma noi abbiamo rifiutato. Così abbiamo camminato nella giungla, abbiamo vissuto e mangiato con le tribù delle colline, abbiamo coltivato nuove piante e mostrato loro come si può fare". Così comincia l'avventura della coltivazione del caffè, questo grazie anche a ingenti finanziamenti da parte delle Nazioni Unite per l'eradicazione delle coltivazioni di papavero da oppio. Grazie ad alcuni suggerimenti di imprenditori internazionali si decise di tentare la coltivazione del caffè Arabica. Seguirono quindi anni di sperimentazioni e di grande lavoro. Una volta all'anno il re si recava presso i villaggi karen per verificare i progressi e incoraggiare i coltivatori coinvolti in questa impresa. Tra alti e bassi si è poi arrivati alla fine degli anni '90 con l'apertura dei primi coffe shop, da allora il mercato sembra essere ancora in crescita. Tra l'altro si è sviluppata anche l'industria della torrefazione creando ulteriori posti di lavoro. La collaborazione con l'università ha poi aiutato nella creazione di nuovi prodotti offrendo così diverse tipologie per incontrare diverse sensibilità di palato.

Di tutta questa storia ho anche dei ricordi personali. Nella mia prima vita thailandese ho conosciuto e incontrato più volte il Gen. Chavalit Yodmani, all'epoca ormai a capo dell'ONCB ed ebbi anche l'occasione di assaggiare la primissima produzione di caffè commercializzata. Sicuramente da allora sono stati fatti dei grandi progressi anche a livello di gusto.

Tra le particolarità mi fa piacere evidenziare che anche i missionari italiani Fidei donum ( sacerdoti diocesani in missione) si sono inseriti nel mercato e hanno un loro marchio "Caffè Bruno" prodotto e torrefatto a Lampang. Mentre sulla strada di Mae Rim nei pressi del Queen Sirikit Botanic Garden consiglio una visita al "di BOSCO COFFEE", altra inziativa nata da ex alunni salesiani e dove ho conosciuto un giovane barista così entusiasta della figura di Don Bosco da tatuarsi il suo ritratto su una spalla. 

Venite pure a prendere un caffè a Chiang Mai e quando lo assaggiate ricordatevi che lì dentro non c'è soltanto del caffè ma la storia di tanti uomini e donne che hanno saputo affrontare la sfida di abbandonare la coltivazione dell'oppio senza ricorrere al Napalm e hanno saputo creare quel caffè che state gustando. 

Per un approfondimento consiglio: "Chiang Mai Coffee City

[ENGLISH VERSION]

How do you recognize the baggage of an Italian emigrant or expat? Surely a mocha and a few packs of coffee have found a place in one of his suitcases. Sometimes even tourists do it. 
In my first Thai life it was a great pain not to have a decent espresso.
Then I came back here six years ago and discovered that, in Chiang Mai, coffee is the only commercial activity with the higher population density than the 7-Eleven. But above all, that a sort of cult has spread and you can easily come across signs like: "everything makes sense only after the first cup of coffee"; "what life would be without coffee ...". Espresso machines are everywhere, of course sometimes you come across some use not really Italian, but I think this depends more on the type of customers than on a lack of skill.
But we can say that there are also places to drink an excellent espresso. I think I'm very lucky because practically in the building where I live there is a tiny bar called Tiramisù and here the espresso is certainly among the best in the city, not to mention the Tiramisù which is virtually identical to that of my mother ... 
The owner is a true coffee lover and at your request for an espresso, will respond by asking what blend you want: thai, brazil, kenya, ethiopia, etc. ... not always the same though.
But to what do we owe all this love of Chiang Mai for coffee? Because in reality it is a recent story of love and passion, which has also had its critical moments but now seems more than consolidated. It all began in the 1970s, when all the territories around Chiang Mai were still planted with opium poppy. In 1969 for the first time a Thai king reached one of the northern tribal villages. King Bhumibol was greatly affected by the poverty of the locals and immediately financed the establishment of an agricultural research centre, creating the first nucleus of what is now the "Royal Project". Witnesses say that the poppy fields were as far as the eye could see and that the state and its institutions were completely absent. There were no government offices or police stations. Gen. Chavalit started operating in the area in 1971 as secretary of the Office of the Narcotics Control Board and says that until then he had never seen opium or heroin: "It was a very steep learning curve. I remember that at some point the United States wanted us to release Agent Orange throughout the region to kill the opium plantations, but we refused. So we walked through the jungle, lived and ate with the hill tribes, cultivated new plants and showed them how it could be done. That's how the adventure of coffee growing begins, thanks also to substantial funding from the United Nations for the eradication of opium poppy crops. Thanks to some suggestions from international entrepreneurs, it was decided to try the cultivation of Arabica coffee. This was followed by years of experimentation and hard work. Once a year, the king went to the Karen villages to check the progress and encourage the farmers involved in this enterprise. Between ups and downs, the first coffee shops opened in the late 1990s, and since then the market seems to be still growing. Among other things, the roasting industry has also developed, creating additional jobs. The collaboration with the university has helped in the creation of new products, offering different types to meet different palates.
I also have personal memories of this whole story. In my first Thai life, I knew and met several times Gen. Chavalit Yodmani, then head of ONCB, and I also had the opportunity to taste the very first production of marketed coffee. Certainly since then, great progress has also been made in terms of taste.
Among the special features I am pleased to point out that even the Salesian missionaries have entered the market and have their own brand "Caffè Bruno" produced and roasted in Lampang. While on the road to Mae Rim near the Queen Sirikit Botanic Garden I recommend a visit to "di BOSCO COFFEE", another initiative of the Salesians and where I met a young bartender so enthusiastic about the figure of Don Bosco as to tattoo his portrait on one shoulder. 
Come and have a coffee in Chiang Mai and when you taste it remember that there is not only coffee in there but the story of many men and women who have been able to face the challenge of abandoning the cultivation of opium without resorting to Napalm and have been able to create the coffee you are tasting. 

sabato 10 agosto 2019

QUESTI FANTASMI - VITA QUOTIDIANA IN SIAM - LA STORIA DI MAE NAK



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Vivendo in Thailandia prima o poi si avrà a che fare con i fantasmi che la abitano. La cultura religiosa locale è un buddismo di tipo Theravada ma ibridizzato con elementi animistici e induisti. Ogni thailandese è in grado di raccontarvi non solo le storie più famose che si tramandano da generazioni ma anche esperienze personali. Molti di loro però sono restii a rendervi partecipi dei loro racconti, perchè non si può parlare di fantasmi per gioco, si rischia in questo modo di evocarli. Ci sono anche dei giorni della settimana in cui non si deve prendere questo argomento e in particolare in occasione di qualsiasi festività dedicata a Buddha. 
In un post precedente ho dato alcune informazioni in merito alle Case degli Spiriti e di come quindi sia quotidiano e diffuso tale rapporto con i loro residenti. Ma i thai sono abituati anche alla narrazione di altri tipi di fantasmi, davvero terribili e crudeli, per lo più di sesso femminile. La più conosciuta e anche la più rappresentata in film e serie televisive è Mae Nak, il cui solo nome è in grado di suscitare spavento nei vostri interlocutori.  La storia inizia nel XVIII secolo, durante il regno di Re Mongkut. Nak era una bellissima donna e viveva in un villlaggio nella foresta. Da poco sposata con Mak, viveva in una delle tipiche case in legno affacciata su un canale, utilizzato anche come via di comunicazione. La loro vita viene descritta in modo bucolico come ogni vita di villaggio nella foresta. Finchè non giunse la chiamata alle armi per tutti gli uomini del villaggio, proprio quando Nak era incinta del primo figlio. Alla partenza Mak le promise che sarebbe tornato in tempo per vederlo nascere. Ma rimase ferito gravemente, venne curato in un monastero per lunghi mesi e non appena si sentì meglio iniziò a progettare il suo ritorno a casa. Uno dei monaci era veggente ed esorcista e lo esortò a rimanere nel monastero e prendere i voti, ma la proposta agli occhi di Mak apparve assurda e inaccettabile. Si affrettò così a tornare a casa dalla moglie e dal figlio che ormai era nato. Arrivando al villaggio verso sera  vide sua moglie con il bambino in braccio mentre come ogni giorno scrutava il fiume nella speranza di vederlo tornare. La casa era perfetta, sua moglie e suo figlio bellissimi...ma erano in realtà morti. Era accaduto infatti che la bella Nak non avesse superato il parto e anche il bambino non era sopravvissuto. Gli abitanti del villaggio avevano preso tutte le precauzioni per evitare che potessero tornare come revenant cucendo le loro bocche con degli aghi e seppellendoli lontano dal villaggio. Ma i loro sforzi furono vani. Ora Nak aveva fatto un incantesimo e il marito la vedeva bella e giovane come quando si erano lasciati e anche la casa era in buono stato e ben curata, ma in realtà ormai fatiscente e abbadonata. 
Nel frattempo Nak stava terrorizzando il villaggio uccidendo quanti riteneva responsabili della sua morte e chiunque si avvicinasse per avvisare il marito di quello che stava accadendo. Ma nonostante tutto fu poi lei stessa a tradirsi. Mentre preparava il pranzo non si accorse della presenza del marito e, quando un frutto cadde sotto al pavimento della capanna, per raccoglierlo allungò un braccio fino al livello inferiore. Immediatamente l'incantesimo fu rotto e l'uomo si accorse di quale fosse la realtà che lo circondava. Corse a rifugiarsi in un tempio vicino, infatti i fantasmi e i demoni non possono entrare negli edifici sacri. La furia di Nak allora travolse ancora una volta gli abitanti del villaggio, colpevoli di aver aiutato la fuga del marito. La situazione divenne così insostenibile che venne chiamato in causa un grande esorcista, questi pregando sulla tomba di Nak riuscì ad imprigionarne lo spirito in una giara che venne gettata in fondo al fiume. Purtroppo la soluzione fu solo temporanea. Alcuni pescatori, ignari di cosa fosse, casualmente recuperarono la giara e l'aprirono, liberando nuovamente lo spirito di Nak. Di fronte alla nuova ondata di violenza contro il villaggio un santo monaco decise di venire in soccorso degli abitanti. Fece riesumare i cadaveri della donna e di suo figlio. Lo spirito venne colto da una struggente nolstalgia alla vista del suo corpo e di quello del suo bambino e pianse. Iniziò poi un lungo colloquio con il monaco e in alcuni momenti i toni furono anche molto duri. Infine, grazie alla promessa che in una prossima reincarnazione lei e Mak sarebbero potuti essere felici insieme e anche a rituali particolari contro gli spiriti irati, il fantasma venne neutralizzato. Il monaco allora ordinò di togliere dall'osso frontale del cadavere un frammento ovoidale dove riteneva che risiedesse lo spirito, lo prese e lo avvolse in un pezzo di tela e lo legò alla sua cintura. Secondo i racconti popolari tale cintura passò di mano in mano, fino a giungere alla famiglia reale che ne sarebbe ora la depositaria e custode. 

A Bangkok le hanno anche dedicato un piccolo tempio, dove i fedeli offrono abiti eleganti e giocattoli, chiedendo protezione per la gravidanza o per il servizio di leva. Ovvero esattamente ciò che è mancato a lei e a suo marito. Il tempio ricostruisce gli spazi di una abitazione e di fronte ad un televisore sempre acceso è posta una statua di Mae Nak con un bambolotto che rappresenta suo figlio. Si ritiene che gli abiti eleganti e la televisione distraggano il suo fantasma dal portare ancora morte e distruzione e la stessa funzione hanno i giocattoli regalati al bambino. 

Evidentemente non ho foto mie per completare questo post e inserisco allora l'immagine di un piccolo e interessante libro in italiano, che anni fa trovai per puro caso in una libreria di Bologna, completamente fuori posto e lo considerai quasi un segno del destino. Se l'argomento sarà di vostro gradimento seguiranno altri post dedicati ad altre tipologie di fantasmi.
Alessandra Campoli, MAE NAK donne vampiro e spiriti famelici dal lontano Oriente, 2011

[ENGLISH VERSION]
If you live in Thailand, you will sooner or later have to deal with the ghosts who live there. The local religious culture is a Theravada-type Buddhism but hybridized with animistic and Hindu elements. Every Thai is able to tell you not only the most famous stories that have been handed down from generation to generation but also personal experiences. Many of them, however, are reluctant to share their stories with you, because you can not talk about ghosts for fun, you risk this evoking them. There are also days of the week when this topic should not be taken up and in particular on the occasion of any holiday dedicated to Buddha. 
In a previous post I gave some information about the Houses of Spirits and how it is therefore daily and widespread this relationship with their residents. But the Thai are also accustomed to the narration of other types of ghosts, really terrible and cruel, mostly female. The best known and also the most represented in films and television series is Mae Nak, whose only name is able to arouse fear in your interlocutors.  The story begins in the 18th century, during the reign of King Mongkut. Nak was a beautiful woman and lived in a cottage in the forest. Recently married to Mak, she lived in one of the typical wooden houses overlooking a canal, also used as a means of communication. Their life is described in a bucolic way as every village life in the forest. Until the call to the army arrived for all the men of the village, just when Nak was pregnant with his first child. When she left, Mak promised that he would be back in time to see him born. But he was seriously injured, was being cared and treated in a monastery for long months and as soon as he felt better he began to plan his return home. One of the monks was a clairvoyant and exorcist and urged him to stay in the monastery and take his vows, but the proposal in Mak's eyes seemed absurd and unacceptable. He hastened to return home to his wife and child, who had been born by then. Arriving at the village in the evening he saw his wife with the child in her arms as she watched the river as every day in the hope of seeing him return. The house was perfect, his wife and son beautiful ... but they were actually dead. It had happened that the beautiful Nak had not passed the birth and even the child had not survived. The villagers had taken every precaution to prevent them from returning like revenants by sewing their mouths with needles and burying them far from the village. But their efforts were in vain. Now Nak had done a spell and her husband saw her as beautiful and young as when they left and also the house was in good condition and well cared for, but in reality now dilapidated and subscribed. 
Meanwhile, Nak was terrorizing the village by killing all those he held responsible for his death and anyone who approached him to warn his husband of what was happening. But in spite of everything it was she who betrayed herself. While preparing lunch, she did not notice her husband's presence and, when a fruit fell under the floor of the hut, she stretched her arm to the lower level to pick it up. Immediately the spell was broken and the man noticed the reality around him. He ran to take refuge in a nearby temple, for ghosts and demons cannot enter sacred buildings. Nak's fury then overwhelmed once again the villagers, who were guilty of helping their husband escape. The situation became so unsustainable that a great exorcist was called into question, he praying at the tomb of Nak managed to imprison the spirit in a jar that was thrown at the bottom of the river. Unfortunately, the solution was only temporary. Some fishermen, unaware of what it was, accidentally recovered the jar and opened it, releasing again the spirit of Nak. Faced with the new wave of violence against the village, a holy monk decided to come to the aid of the inhabitants. He had the bodies of the woman and her son exhumed. The spirit was seized by a yearning nostalgia at the sight of his body and that of his child and cried. He then began a long conversation with the monk and in some moments the tones were also very hard. Finally, thanks to the promise that in an upcoming reincarnation she and Mak could be happy together and also to particular rituals against the ghost spirits, the ghost was neutralized. The monk then ordered to remove an oval fragment from the front bone of the corpse where he believed the spirit resided, took it and wrapped it in a piece of cloth and tied it to his belt. According to popular accounts, the belt passed from hand to hand, until it reached the royal family, which would now be its custodian and guardian. 

In Bangkok they also dedicated a small temple to her, where the faithful offer elegant clothes and toys, asking for protection for pregnancy or for military service. That's exactly what she and her husband missed. The temple reconstructs the spaces of a house and in front of a television always on there is a statue of Mae Nak with a doll representing her son. It is believed that the elegant clothes and television distract her ghost from bringing more death and destruction and the same function have the toys given to the child. 

Obviously I don't have any photos to complete this post and so I insert the image of a small and interesting book in Italian, which years ago I found by pure coincidence in a bookshop in Bologna, completely out of place and I considered it almost a sign of fate.

domenica 4 agosto 2019

DURIAN - UNA BONTA' DISGUSTOSA - A DISGUSTING GOODNESS


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Uno dei segnali che spesso i turisti non riescono ad interpretare visitando la Thailandia è quello riprodotto sopra. Lo trovate di solito negli alberghi, soprattutto negli ascensori, autobus e anche negli uffici.
Di quale pericolosa minaccia si tratta? Semplicemente un frutto di una bontà non assolutamente descrivibile con parole umane, ma che emana uno degli odori più disgutosi e persistenti che possiate percepire nella vostra vita. Inoltre tale odore penetra in tutto quello che si trova nei paraggi di un Durian aperto, non mettetelo mai in frigo dove tenete altri cibi...anni fa rovinai un barattolo di Nutella, il cui prezioso contenuto aveva cambiato sapore e il risultato non era dei migliori. 


Quello che mi sono sempre chiesta è come abbiano fatto a capire che quella polpa cremosa e nauseabonda fosse commestibile. Ho visto gente mangiarlo tenendo una molletta sul naso. Io riuscii ad assaggiarlo molti anni fa, vincendo il senso di repulsione, e quello che ho sentito invadere le mie papille gustative è stato un sapore che non so descrivere e non so neanche trovare dei termini di paragone. Un gusto pieno e assoluto che avvolge lingua e palato. Pochi secondi di godimento puro che precedono almeno 48 ore in cui di tanto in tanto sentirete il bisogno di ruttare, ritrovando il sopradescritto sapore pero' inacidito. Alcuni consigliano di mangiarlo a stomaco vuoto, in modo che non faccia fermentare quanto precedentemente ingerito. Nonostante gli inconvenienti rimane una delle esperienze da fare se si vive in Thailandia.

Il frutto è di grandi dimensioni e ha una scorza esterna molto spessa e 

con grandi spine piramidali, non è neanche semplice da maneggiare. 

ENGLISH VERSION

One of the signs that tourists often fail to interpret when visiting Thailand is the one reproduced above. It is usually found in hotels, especially in elevators, buses and even in offices.
What dangerous threat is it? Simply a fruit of a goodness that can't be described in human words, but that emanates one of the most disguised and persistent smells that you can perceive in your life. Moreover, this smell penetrates everything that is in the vicinity of an open Durian, never put it in the fridge where you keep other foods ... years ago I ruined a jar of Nutella, whose precious content had changed flavor and the result was not the best. 
What I've always wondered is how they understood that that creamy and nauseating pulp was edible. I saw people eating it while holding a clip on their nose. I managed to taste it many years ago, overcoming the sense of repulsion, and what I felt invading my taste buds was a taste that I can not describe and I can not even find terms of comparison. A full and absolute taste that envelops tongue and palate. A few seconds of pure enjoyment that precede at least 48 hours in which from time to time you will feel the need to burp, finding the flavor described above but  sour. Some people recommend eating it on an empty stomach, so that it does not ferment as much as it was previously ingested. Despite the drawbacks it remains one of the experiences to be done if you live in Thailand.
The fruit is large and has a very thick outer skin and large pyramidal spines, is not even easy to handle.

venerdì 2 agosto 2019

CASE DEGLI SPIRITI ศาลพระภูมิ San Phra Phum - HOUSES OF SPIRITS


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Anche se siete in Thailandia come semplici turisti non potrete non notare la diffusione di piccole casine, più o meno elaboarate, collocate spesso sui cigli delle strade di fianco a case e a qualsiasi tipo di edifici.

 Sono le casine abitate dagli spiriti del luogo e chiamate in thailandese San Phra Phum. Si tratta di un elemento della spiritualità animistica fortemente radicato nella complessità della religiosità thailandese il cui elemento portante è il buddhismo theravada. In pratica per i thailandesi ogni luogo ha i suoi spiriti guardiani e, quando un terreno viene destinato ad ospitare una costruzione residenziale o commerciale, è necessario offrire prima una residenza alternativa per ospitare gli spiriti guardiani. 





La San Phra Phum puo' essere di materiali diversi e di diversi stili, non mancheranno mai le offerte, per lo più frutta, bibite e succhi di frutta.


All'interno delle Case degli Spiriti vengono spesso collocate delle statuine che rappresentano ballerine di danze tradizionali e scene di devozione, a volte verso una coppia di anziani.










La più famosa Casa degli Spiriti in Thaialndia è sicuramente quella del Hotel Erawan di Bangkok, nel tempio divenuta un vero luogo di culto sempre affollato e dove quotidianamente si esibiscono danzatrici tradizionali su commissione "per grazia ricevuta". Un luogo così popolare che venne scelto come obiettivo dell'attentato che sconvolse Bangkok il 17 agosto del 2015. 
Nel caso dell'Erawan hotel nel corso della costruzione si verificarono numerosi incidenti così si decise ogni volta di ampliare ulteriormente la casa degli spiriti, fino a dedicare l'edicola alla divinità braminica Prha Prom, ma si ritiene che nell'edicola risieda lo spirito di Prha Pinklao, uno dei fratelli del re Rama IV che dopo la sua morte è divenuto uno degli assistenti al servizio di Prha Prom.

In seguito la tradizione popolare scoprì che gli spiriti lì collocatisi concedevano a molte donne la grazia di rimanere incinte.








ENGLISH VERSION

Even if you are in Thailand as a simple tourist you will not fail to notice the spread of small houses, more or less elaborate, often placed on the edge of the streets next to houses and all kinds of buildings.
These are the houses inhabited by local spirits and called San Phra Phum in Thai. It is an element of animistic spirituality strongly rooted in the complexity of Thai religiosity whose main element is Theravada Buddhism. Practically for the Thai people every place has its own guardian spirits and, when a plot of land is intended to house a residential or commercial building, it is necessary to first offer an alternative residence to house the guardian spirits.
The San Phra Phum can be of different materials and styles, there will always be offers, mostly fruit, drinks and fruit juices.
Inside the Spirits' Houses are often placed statuettes representing traditional dancers and scenes of devotion, sometimes to an elderly couple.
The most famous House of Spirits in Thailand is certainly that of the Hotel Erawan in Bangkok, in the temple that has become a real place of worship always crowded and where daily traditional dancers perform on commission "by grace received". A place so popular that it was chosen as the target of the attack that devastated Bangkok on August 17, 2015.
In the case of the Erawan hotel, numerous accidents occurred during the construction so it was decided each time to further expand the house of spirits, until the shrine was dedicated to the Brahmin god Prha Prom, but it is believed that the spirit of Prha Pinklao resides in the shrine, one of the brothers of King Rama IV who after his death became one of the assistants in the service of Prha Prom.
Later, popular tradition discovered that the spirits who had settled there gave many women the grace to become pregnant.

INCONTRARE UNA MEDIUM A CHIANG MAI - MEET A MEDIUM IN CHIANG MAI

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