domenica 4 giugno 2023

GIGANTI, CANNIBALI, BUFALI E SANGUE - GIANTS, CANNIBALS, BUFFALOES AND BLOOD


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Tutto inizia con una leggenda e come sempre se ne possono trovare diverse versioni, cerchiamo di darne una versione di sintesi. Quando il Buddha era ancora vivo si recò presso un villaggio di cui aveva avuto una visione notturna. Il villaggio era stato benedetto dal dio Brahma e dal dio Indra e dagli angeli che lo avevano riempito di oro e di argento. Camminando lungo le strade del villaggio Buddha però si accorse che erano praticamente vuote e chiese ad uno degli anziani cosa fosse successo. L'uomo interpellato rispose che le montagne a nord e a sud, oggi note come Doi Suthep e Doi Kham, erano abitate da due giganti, moglie e marito, che si nutrivano di esseri umani e così gli abitanti erano stati decimati. In altre versioni la coppia ha anche un figlio, quindi i giganti sarebbero stati tre. Buddha provò una grande compassione e decise di andare a parlare con i due giganti. In alcune versioni si riporta invece che i due giganti lo cercarono per mangiarselo e una volta incontratolo si lasciarono convertire. In ogni caso l'esito di questo incontro fu una trattativa finalizzata a mettere fine alla carneficina della popolazione. I giganti chiesero di poter mangiare in sostituzione una persona al mese, ma la risposta del Budda fu no, allora una all'anno ma la risposta fu ancora no. I due giganti allora pensarono di chiedere di poter mangiare due bufali all'anno. Budda non rispose nè in senso positivo nè negativo. Così i due mostri compresero che per aver accesso agli insegnamenti del Budda non avrebbero mai più dovuto nutrirsi di esseri umani. Ricevettero la benedizione di Budda, che consegnò loro i cinque precetti prima di andarsene. Da allora nel nono mese del calendario lunare viene organizzata una festa nella foresta per offrire il bufalo ai due giganti. Ad oggi la festa si svolge ai piedi del Doi Kham, in una radura facilmente accessibile in motorino o auto. Alle prime luci dell'alba viene ucciso un bufalo, che deve essere il più bello e in forma del villaggio, il più anziano tra quelli che non hanno mai montato, con un nuovo paio di corna, che non abbia mai combattuto, un bufalo d'acqua di colore nero. L'uccisione del bufalo non avviene pubblicamente.


Io sono arrivata nel sito alle sette del mattino, c'erano meno di trenta persone, il corpo dell'animale era già collocato all'interno di un recinto. La carcassa è su una pedana in legno, rivestita da teli di plastica, leggermente rialzata dal terreno. E' intera con ancora la pelle, ma squartata, in un anfora verrà versato il sangue e in due latte le interiora, lavorate e credo cucinate. Di fianco alla piattaforma è collocata una struttura dove sono appesi una sorta di ghirlanda con due grossi pezzi di carne, diversi contenitori in bambù che verranno riempiti di alcool, probabilmente un whiskey locale.

Nell'ambito del recinto sono collocate delle strutture in legno, sono dodici, su ognuna è riportata una scritta che però non riesco a comprendere. In ognuna è collocata un'offerta di frutta e cibo vario. Un anziano laico all'interno del recinto recita alcune preghiere, leggendole su una sorta di taccuino, molto consunto e che tratta con molti riguardi. Intanto la carcassa si riempie di mosche e qualche farfalla, a tratti, secondo la direzione del vento, si comincia a sentire anche un po' di odore. Nel frattempo sono arrivate molte persone. Sono praticamente l'unica farang, poi arriverà un gruppetto di giovani, una quindicina, ma andranno via in breve credo siano arrivati per sbaglio. Sotto un gazebo sono collocati dei monaci che guideranno la prima parte del rito. Poco oltre un altro gazebo ospita delle suore. A questo punto manca solo il Buddha  o meglio la sua rappresentazione pittorica. 
In distanza si iniziano a sentire i suoni del corteo che trasporta la cassa contenente il Prah Poth, un lungo stendardo in tessuto in cui è raffigurato Buddha. La cassa è trasportata a spalla, accompagnata da un lungo corteo di danzatrici e uomini e donne che si aggiungono alla folla di fedeli che nel frattempo è aumentata. Gli uomini posizionano la cassa ai piedi dell'albero più alto, accolta dai canti dei monaci, mentre un monaco anziano la benedice con acqua benedetta.












Occorrono circa venti minuti per completare le operazioni per innalzare lo stendardo. La folla rimane in silenzio, non ci sono applausi o altre manifestazioni di giubilo o devozione, solo mani giunte e "Satun, satun, satun".



















Ora non resta che attendere l'arrivo dei giganti. Il medium è all'interno di un piccolo sala, non aperto al pubblico. Le due orchestre suonano musica thailandese tradizionale, al ritmo di tamburi e cembali. Ed ecco uscire il medium in stato di trance, posseduto dallo spirito femminile di Yaa Saeh. Camicia e bandana bianche e una lunga gonna in seta con disegno tradizionale. Yaa Saeh cammina sostenuta da due aiutanti e si ferma di fronte ad ognuna delle strutture in legno, probabilmente per accogliere simbolicamente le offerte in esse contenute.

Quando si volta e cammina verso di noi ci saluta con la mano, il viso ha un'espressione dolce, non emette suoni nè articola parole.

Dopo questo giro, torna all'interno del sala. Ancora un po' di attesa e fa la sua comparsa un barcollante Pu Saeh. Si dirige verso il bufalo sostenuto dagli aiutanti, gli appendono al collo i due pezzi di carne tenuti insieme da un cordoncino e i contenitori di bambù con il liquore, sale sulla pedana e praticamente cade seduto sulla schiena del bufalo.







 Si porta alla bocca uno dei pezzi di carne e con un morso ne stacca un pezzo. Mette le mani nella ciotola contenente le interiora, ma sembra riluttante, poi apre una giara e immerge le mani nel sangue, si porta la mano a cucchiaio alle labbra e ne beve, poi si passa le mani sul volto e sulla bandana bianca.











Poi di nuovo morde la carne e ricomincia il giro. Si aiuta bevendo il liquore dai contenitori di bambù, anch'essi appesi al collo.





Poi a fatica si alza, si avvicina alla staccionata e saluta uno ad uno i presenti, ponendo una mano sulla loro testa. Quando arriva di fronte a me sembra collassare e si siede per terra, i pezzi di carne strisciano sul terreno, ma ugualmente li afferra e li morde.


Lo aiutano a rialzarsi, ma dopo un paio di passi cade di nuovo. Infine si rialza e torna verso il bufalo, si siede di nuovo a cavalcioni e ricomincia di nuovo il ciclo precedente, ma questa volta assaggia anche le interiora. A questo punto Pu Saeh chiede dell'acqua, gli aiutanti sembrano esserne sorpresi ma prontamente arriva una bottiglietta di plastica, non un contenitore di bambù.

Infine Pu Saeh si alza e sempre sorretto si reca a rendere omaggio all'immagine del Buddha, quindi ritorna al sala. I fedeli iniziano ad abbandonare il luogo, alcuni raccolgono i petali di fiori che sono stati lanciati nel momento dell'innalzamento dello stendardo.

Altri utilizzano acqua benedetta per benedirsi. Lo stand più affollato è quello che distribuisce copia in miniatura dello stendardo, non c'è scritta nessuna cifra, vedo gli altri consegnare 20 bhat e così faccio anche io. Rapidamente la folla si disperde, la maggior parte in direzione del wat doi kham e della strada principale. Non sono in grado di quantificare con precisione il numero dei presenti, ma credo almeno più di mille persone. 

Ci tenevo molto ad assistere a questo rito, ne avevo avuto notizia l'ultima volta che era stato celebrato in forma pubblica, ma non ero riuscita ad andare. Poi negli anni del covid il rito si è svolto in forma aperta solo ai rappresentanti istituzionali. E' stata una esperienza notevole, mi è già capitato in altri post di citare il lavoro dell'antropologo Pattana Kitiarsa, Beyond Syncretism: Hybridization of Popular Religion in Contemporary Thailand, in cui teorizza l'ibridizzazione dei sistemi religiosi presenti in Thailandia. Assistere a questo rituale così articolato è stato come vedere il testo del professor Pattana in tre dimensioni. Pratiche animistiche che si fondono con devozioni e riti buddisti.

[ENGLISH VERSION]

 It all starts with a legend and as always there are several versions of it, let us try to give a summary version. When the Buddha was still alive he went to a village of which he had had a night vision. The village had been blessed by the god Brahma and the god Indra and angels who had filled it with gold and silver. Walking along the village streets however Buddha noticed that they were practically empty and asked one of the elders what had happened. The man asked replied that the mountains to the north and south, now known as Doi Suthep and Doi Kham, were inhabited by two giants, husband and wife, who fed on humans and so the inhabitants had been decimated. In other versions, the couple also had a son, so there would have been three giants. Buddha felt great compassion and decided to go and talk to the two giants. Some versions report instead that the two giants sought him out to eat him and once they met him, they allowed themselves to be converted. In any case, the outcome of this meeting was a negotiation aimed at putting an end to the slaughter of the population. The giants asked if they could eat one person a month as a substitute, but the Buddha's answer was no, then one a year but the answer was still no. The two giants then thought of asking to be allowed to eat two buffaloes a year. Buddha answered neither positively nor negatively. So the two monsters realised that in order to gain access to the Buddha's teachings they would never have to feed on humans again. They received the Buddha's blessing and he gave them the five precepts before leaving. Since then, a festival has been held in the forest in the ninth month of the lunar calendar to offer the buffalo to the two giants. To this day, the festival takes place at the foot of Doi Kham, in a clearing easily accessible by moped or car. At first light, a buffalo is killed, which must be the best-looking and fittest buffalo in the village, the oldest one, with a new pair of horns, that has never fought, a black water buffalo. The killing of the buffalo does not take place publicly. I arrived at the site at seven o'clock in the morning, there were less than thirty people, the body of the animal was already placed inside an enclosure. The carcass is on a wooden platform, covered with plastic sheeting, slightly raised from the ground. It is whole with the skin still on, but quartered; in an amphora the blood is poured and in two cans the entrails, processed and I think cooked. Next to the platform is a structure where a sort of garland is hung with two large pieces of meat, several bamboo containers that will be filled with alcohol, probably a local whiskey. Within the enclosure there are wooden structures, there are twelve of them, on each one there is an inscription which I cannot understand.  In each one is placed an offering of fruit and various foods. An elderly layman inside the enclosure recites a few prayers, reading them in a sort of notebook, which is very worn and which he treats with much care. In the meantime, the carcass fills with flies and a few butterflies, at times, depending on the direction of the wind, one even begins to smell something. In the meantime, many people have arrived. I am practically the only farang, then a small group of young people arrive, about fifteen, but they leave shortly, I think they arrived by mistake. Under a gazebo are monks who will lead the first part of the ritual. A little further on another gazebo houses nuns. At this point only the Buddha, or rather his pictorial representation, is missing. In the distance one begins to hear the sounds of the procession carrying the chest containing the Prah Poth, a long cloth banner depicting Buddha. The chest is carried on the shoulders, accompanied by a long procession of dancers and men and women who join the crowd of worshippers that has meanwhile grown. The men place the chest at the foot of the tallest tree, greeted by the chants of monks, while an elderly monk blesses it with holy water. It takes about twenty minutes to complete the operations to raise the banner. The crowd remains silent, there is no applause or other expressions of jubilation or devotion, just joined hands and 'Satun, satun'. Now all that remains is to await the arrival of the giants. The medium is inside a small hall, not open to the public. The two orchestras play traditional Thai music, to the rhythm of drums and cymbals. And out comes the medium in a trance-like state, possessed by the female spirit of Yaa Saeh. White shirt and bandana and a long silk skirt with a traditional pattern. Yaa Saeh walks supported by two helpers and stops in front of each of the wooden structures, probably to symbolically receive the offerings they contain. When she turns and walks towards us she waves to us, her face has a gentle expression, she does not make sounds or articulate words. After this turn, he goes back inside the hall. Some more waiting and a staggering Pu Saeh makes his appearance. He makes his way to the buffalo supported by the helpers, hangs the two pieces of meat held together by a string and the bamboo containers with liquor around his neck, climbs onto the platform and practically falls down sitting on the buffalo's back. He brings one of the pieces of meat to his mouth and with a bite takes a piece out. He puts his hands in the bowl containing the entrails, but seems reluctant, then opens a jar and dips his hands in the blood, brings his hand to his lips and drinks from it, then runs his hands over his face and over the white bandana. Then again he bites into the flesh and starts the round again. He helps himself by drinking the liquor from the bamboo containers, which also hang around his neck.  Then with difficulty he gets up, approaches the fence and greets those present one by one, placing a hand on their heads. When he arrives in front of me he seems to collapse and sits on the ground, the pieces of meat crawl on the ground, but still he grabs them and bites them. They help him up, but after a couple of steps he falls again. Finally he gets up and goes back to the buffalo, sits back on his back and starts the previous cycle again, but this time he also tastes the entrails. At this point Pu Saeh asks for water, the helpers seem to be surprised but promptly a plastic bottle, not a bamboo container, arrives. Finally Pu Saeh gets up and, still supported, goes to pay homage to the Buddha image, then returns to the hall. The worshippers begin to leave the place, some picking up the flower petals that were thrown when the banner was raised. Others use holy water to bless themselves. The most crowded stand is the one handing out miniature copies of the banner, no figure is written on it, I see the others handing out 20 bhat and so do I. Quickly the crowd disperses, most in the direction of wat doi kham and the main street. I cannot accurately quantify the number of people present, but I think at least more than a thousand. 

I really wanted to attend this ritual, I had heard about it the last time it was celebrated in public, but I had not been able to go. Then in the covid years the rite was held in an open form only for institutional representatives. It was a remarkable experience, I have already mentioned in other posts the work of anthropologist Pattana Kitiarsa, Beyond Syncretism: Hybridization of Popular Religion in Contemporary Thailand, in which he theorises the hybridisation of religious systems in Thailand. Watching this articulated ritual was like seeing Professor Pattana's text in three dimensions. Animistic practices merging with Buddhist devotions and rituals.

INCONTRARE UNA MEDIUM A CHIANG MAI - MEET A MEDIUM IN CHIANG MAI

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